Intervista agli animatori di comunità del Progetto Policoro della diocesi di Macerata, Silvia Savoretti ed Emanuele Severini, da parte del quotidiano online Korazym in occasione dell'udienza con Papa Francesco.

1) Raccontaci come è stato l'incontro con papa Francesco.

Lunedì 14 dicembre abbiamo avuto il privilegio di incontrare Sua Santità in nell’udienza straordinaria dedicata ai 20 anni del Progetto Policoro. Eravamo quasi 5000 tra animatori di comunità del presente e del passato, sacerdoti, vescovi, direttori di uffici pastorali, sostenitori, amici e studenti che condividono i valori e del Policoro, rappresentanti di gesti concreti che sono stati accompagnati nella realizzazione di progetti di autoimprenditorialità. Ad accoglierci anche il Presidente della CEI, il cardinale Angelo Bagnasco, il Segretario Generale, Mons. Nunzio Galantino, i direttori dei tre uffici a cui fa capo il Progetto Policoro (Pastorale Giovanile, Pastorale Sociale e del lavoro, Caritas).

Abbiamo vissuto un momento assai speciale: Papa Francesco ci ha donato parole di incoraggiamento e di sostegno ribadendo più volte la Sua vicinanza alla missione degli animatori di comunità e ricordandoci con forza che il tema del lavoro gli sta molto a cuore.

2) Cosa è il Progetto Policoro?

Per raccontare il Progetto Policoro ci serviamo delle parole rivolte a noi dal Santo Padre:

“Vent’anni fa nasceva il Progetto Policoro, frutto del Convegno ecclesiale di Palermo. Il Progetto veniva alla luce con una volontà precisa: quella di individuare risposte all’interrogativo esistenziale di tanti giovani che rischiano di passare dalla disoccupazione del lavoro alla disoccupazione della vita.

Nel suo tentativo di coniugare il Vangelo con la concretezza della vita, questo Progetto rappresentò da subito una grande iniziativa di promozione giovanile, una vera occasione di sviluppo locale a dimensione nazionale. Le sue idee-forza ne hanno segnato il successo: la formazione dei giovani, il lancio di cooperative, la creazione di figure di mediazione come gli “animatori di comunità” e una lunga serie di gesti concreti, segno visibile dell’impegno di questi venti anni di presenza attiva.”

Il Progetto Policoro è un progetto promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana a partire dal 1995 come segno concreto di attenzione, vicinanza ed aiuto ai giovani in uno dei problemi da loro più sentiti: quello della mancanza di lavoro. Mancanza di lavoro che si traduce nell’impossibilità di una propria realizzazione professionale ed ancor prima umana, impedendo al giovane di guardare con serenità al futuro, con ricadute negative anche sull’aspetto famigliare e generativo.

Perni del Progetto Policoro sono i 3 Uffici Pastorali della Caritas, Pastorale Giovanile e Pastorale Sociale e del Lavoro, coordinati da un Animatore di Comunità (AdC) avente incarico triennale, e da un Tutor.

Il Progetto Policoro è stato avviato per la prima volta nella regione Marche nel 2012, con la diocesi di Senigallia. Nel 2013 vi ha aderito la diocesi di Macerata; attualmente sono 10 su 13 le diocesi marchigiane aderenti.

3) Cosa significa rappresentare un segno di speranza?

L’animatore è un artigiano delle connessioni: incontra il Vangelo nel volto dell’altro, attiva processi concreti, promuove un cambiamento culturale con una diversa concezione del lavoro. Essere segno di speranza vuol dire testimoniare con la nostra presenza che un’altra strada è possibile, che una nuova economia è possibile, che si può uscire dallo scoraggiamento e dalla solitudine. Vuol dire mettersi fianco a fianco dei tanti rassegnati per impegnarsi insieme e con coraggio nel creare o migliorare le proprie possibilità lavorative.

Portare speranza vuol dire stare nelle difficoltà del fratello che incontriamo ed aiutarlo a sentire il suono lieve della foresta che cresce più che il rumore potente dell’albero che cade.

Cosa significa concretamente? Cosa c’entra la Chiesa in tutto ciò? Papa Francesco ci ha invitati a “continuare a promuovere iniziative di coinvolgimento giovanile in forma comunitaria e partecipata, a sostenere le nuove energie spese per il lavoro, a promuovere uno stile di creatività che ponga menti e braccia attorno a uno stesso tavolo, a pensare insieme, progettare insieme, ricevere insieme e dare aiuto: sono queste le forme più efficaci per esprimere la solidarietà come dono. E qui c’entra, la Chiesa, perché è Madre di tutti! La Chiesa accomuna tutti al tavolo.”

4) Cosa significa avere responsabilità di evangelizzazione nel mondo del lavoro?

Il lavoro è una dimensione imprescindibile della vita dell’uomo, è un diritto fondamentale, è fonte di sostentamento materiale e soprattutto strumento di realizzazione dell’essere umano. Attraverso il lavoro l’uomo continua l’opera creatrice di Dio nel mondo e dà il proprio contributo essenziale allo sviluppo della società.

Gesù stesso ha trascorso gran parte della sua vita imparando da San Giuseppe il lavoro di falegname. Anche se non ci ha direttamente insegnato come inventarci possibilità lavorative la Sua parola è viva, concreta ed efficace e “ci esorta – dice Papa Francesco - a fare delle nostre idee, dei nostri progetti, della nostra voglia di fare e di creare una lieta notizia per il mondo”.

Evangelizzare il mondo del lavoro vuol dire tenere ben a mente che il tempo è superiore allo spazio, la realtà è superiore all’idea, l’unità prevale sul conflitto, il tutto è superiore alla parte.

L’animatore di comunità, allora, è un uomo appassionato dell’uomo, è colui che vede nell’altro un portatore di vita attiva e lo aiuta a riscoprire quel potenziale nascosto con il quale costruire un progetto lavorativo. Non un progetto qualunque, non un’occupazione qualunque. Non un lavoro che sfrutta, che schiaccia, che umilia, che mortifica ma quel lavoro che rende l’uomo veramente libero.